La difficile scelta del fondo pensione complementare

Pensioni complementari: Covip confronta costi e rendimenti

Il tasso di partecipazione alla previdenza integrativa rispetto alle forze lavoro in Trentino-Alto Adige è il più alto d'Italia con il 54,9%, seguito dalla Valle d'Aosta con il 44,1% e dal Veneto con il 40%. In Italia, il 33% dei dipendenti è iscritto alla previdenza complementare a capitalizzazione. Si tratta di più uomini che donne, gli anziani sono di più dei giovani. Questo è quanto emerge dalla relazione annuale 2020, pubblicata pochi giorni fa dalla commissione di vigilanza sui fondi pensione COVIP.

Sia la relazione annuale che il sito web della COVIP possono rappresentare un aiuto per quei dipendenti che vogliono o hanno bisogno di iscriversi ai piani pensionistici supplementari oppure che ne sono già iscritti. Dopo tutto, le profezie sulla fine delle pensioni pubbliche non si attenuano, nemmeno in tempi di Covid. Anche a causa del cambiamento demografico, la sicurezza delle prestazioni è ripetutamente messa in discussione. "Solo la previdenza privata potrà aiutarci in futuro" è quanto cantano „i becchini“ della pensione pubblica. Tuttavia, il contratto intergenerazionale del sistema pensionistico pubblico a ripartizione è ancora il modello migliore. Anche un eventuale passaggio al sistema a capitalizzazione non cambia il fatto che i giovani devono pagare per i vecchi.

Come funziona: sistema a ripartizione oppure a capitalizazione?

Nel sistema a ripartizione (pubblico), i contributi dei dipendenti sono raccolti dall'ente pensionistico e versati ai pensionati. I contribuenti dipendenti acquisiscono così un diritto alla propria pensione futura. Nel sistema a capitalizzazione, invece, i contributi degli assicurati privati sono raccolti e investiti come capitale. I contributi e i rendimenti sono poi pagati ai rispettivi assicurati sotto forma di un capitale una tantum o di una pensione supplementare. Ciò che è strano qui è che il sistema a capitalizzazione, presumibilmente così redditizio, ha bisogno del sostegno dei contribuenti tramite agevolazioni fiscali. E questo non è l'unico punto interrogativo.

Colmare il gap pensionistico o risparmiare

Il fattore decisivo nella scelta a favore o contro la previdenza complementare è verificare se non si può raggiungere con il sistema pubblico un'adguata pensione oppure se si vuole semplicemente risparmiare per la vecchiaia, tenendo conto di avere meno libertà essendo i risparmi non facilmente liquidabili e solitamente alle fine della carriera lavorativa. Come per molti altri strumenti finanziari è essenziale, quando si sceglie questa forma di risparmio a lungo termine, ponderare attentamente la propria decisione e correggere le eventuali decisioni sbagliate, potendo queste, anche se solo di piccola natura – causare poi perdite ingenti.

I rendimenti sono buoni, ma non sono una garanzia per il futuro

I rendimenti ottenuti dai vari fondi integrativi della pensione, negli ultimi anni, sono stati di tutto rispetto se paragonati all'inflazione e al trattamento di fine rapporto in azienda. L'inflazione a Bolzano, per il periodo 2010-2019, è stata del 18,7%. Il TFR accumulato viene rivalutato annualmente con un tasso di interesse composto da un tasso fisso dell'1,5% e del 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per gli operai e gli impiegati (FOI), stabilito dall'ISTAT. Quindi, per i tempi che corrono, un rendimento apprezzabile.

Secondo la Covip, i principali fondi pensione integrativi dell'Alto Adige hanno ottenuto i seguenti rendimenti medi annui composti:

LABORFONDS 2010-2019

Linea garantita 1,06%

Linea prudente-etica 4,51%

Linea bilanciata 4,77%

Linea dinamica 5,34%

 

RAIFFEISEN FPA 2010-2019

Guaranty -

Safe 2,46%

Activity 3,73%

Dynamic 4,14%

 

ARCA PREVIDENZA FPA 2010-2019

Rendita 3,88%

Crescita 5,12%

Alta Crescita 6,18%

Obiettivo TFR 1,12%

 

Il migliore rendimento rispetto al TFR è da ricollegare anche al fatto che, nel caso della pensione complementare, il risparmiatore si fa carico del cd. rischio di capitale. Si devono, inoltre, considerare anche i vantaggi relativi al contributo versato dal datore di lavoro e quelli relativi alla tassazione favorevole, entrambi nel complesso rilevanti.

Nella scelta del fondo pensione complementare più adatto occorre anche analizzare nel dettaglio la rispettiva struttura dei costi. Ma come si può avere una panoramica a tal riguardo, considerando i diversi costi diretti e indiretti che incidono sul capitale accumulato?

Alla scoperta dei costi dei fondi pensione complementari

L'Autorità di vigilanza del settore (Covip) prescrive che, al momento dell’adesione a un fondo pensione complementare, la corrispondente composizione dei costi deve risultare sotto forma di grafico nella nota informativa del prodotto e deve anche essere sottoscritta dall'aderente. I costi vengono rappresentati in modo sintetico con il cosiddetto ISC, l’indicatore sintetico dei costi, e ciò per ogni singola linea di investimento. Esempi mostrano che, con un punto percentuale in meno di ISC e una durata lunga dell’investimento, risulta alla fine un +22% di capitale accumulato. Pertanto, costi maggiori possono erodere il capitale e, quindi, i rendimenti. Fortunatamente è comunque possibile cambiare, in qualsiasi momento, il fondo pensione complementare, trasferendo ad un nuovo fondo anche la posizione maturata.

Un esempio. Un dipendente con uno stipendio lordo annuo di 26.000 euro, un versamento annuale di contributo pari a 2.400 euro (corrispondente all'intero TFR oltre all'1,1% sia di contributo del lavoratore che del datore di lavoro), con un rendimento medio di mercato stimato elevato (ad es. il 4%) in un fondo pensione aperto (ad es. Raiffeisen, Arca, …) e con un indicatore sintetico dei costi (ISC) pari all’1,35%, ottiene, dopo 30 anni di partecipazione al fondo, un capitale complessivo finale di 109.461,97 euro.

Con lo stesso versamento in un fondo pensione chiuso (ad es. Laborfonds), con un ISC dello 0,35%, si ottiene, dopo lo stesso periodo di partecipazione, un capitale finale di 129.821,98 euro, quindi ben 20.360 euro in più! E questo è dovuto solo ai differenti costi applicati nei due casi!

La struttura dei costi non rappresenta l’unico criterio su cui basare la decisione se aderire a un fondo pensione complementare piuttosto che a un altro. È bene, tuttavia, evitare costose decisioni errate, dal momento che la minusvalenza finanziaria finale può essere pari a uno stipendio netto annuo e anche più.

Per il 2020 l’Autorità di vigilanza Covip ha da poco pubblicato i seguenti indicatori dei costi (ISC) per fondi pensione chiusi come il Laborfonds, per fondi pensione aperti come Raiffeisen ed Arca, e per i piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP), quindi per quelle forme pensionistiche istituite su iniziativa delle banche e delle imprese di assicurazione e in cui il lavoratore dipendente non ha diritto al contributo del datore di lavoro. Sulla homepage di Covip (www.covip.it) sono pubblicati l’ISC e i rendimenti di tutti i fondi pensionistici complementari in essere. Ciò favorisce senz'altro un utile confronto.

Per esempio, l'indicatore sintetico di costo medio annuale ISC per una durata di 35 anni è dello 0,29% per i fondi pensione chiusi (FPN), dell'1,24% per i fondi pensione aperti (FPA) e dell'1,81% per i piani pensionistici individuali (PIP); il divario dal più economico al più costoso va dallo 0,08% al 3,44%.

Ecco il confronto dei costi di Laborfonds, Raiffeisen FPA e Arca FPA:

Varie linee di investimento dei fondi pensione complementari

Indicatore dei costi ISC annuali per 35 anni di permanenza nel fondo

Laborfonds

0,18 - 0,28%

Raiffeisen FPA

1,01 - 1,42%

Arca Previdenza FPA

1,27 - 1,52%

Fonte: tutti i dati da www.covip.it, al 17/06/2021

 

Conclusione

Il direttore dell'associazione di consumatori Robin, Walther Andreaus, sottolinea: "Se il sistema intergenerazionale a ripartizione non esistesse, bisognerebbe inventarlo, in quanto è economico, funziona semplicemente, è accessibile alla maggior parte delle persone ed è facile da capire. Dovrebbe essere rafforzato e ci dovrebbe essere su di esso maggiore attenzione sociale. Sarebbe anche un bene per l'economia nazionale, perché sgonfierebbe il settore delle pensioni complementari che consuma risorse. Bisogna, infatti, fare attenzione che il settore finanziario non mini la fiducia nella pensione pubblica e non dia troppo impulso ai suoi prodotti finanziari, che sono per il sistema lucroci, ma costosi per i clienti. In ogni caso, chiunque pensi di aderire (o debba aderire) ad un fondo pensione complementare, o vi abbia già aderito, non deve considerare solo il passato, visti anche il livello (basso) dei tassi sui mercati finanziari ed i rischi legati al mercato azionario. Meglio, semmai, valutare bene la propria effettiva propensione al rischio e l’efficienza dello strumento di investimento da scegliere, senza tralasciare i costi connessi alle varie linee di investimento proposte dal fondo. Considerando i rendimenti attuali delle obbligazioni in genere - bassi o addirittura negativi - i costi potrebbero avere impatti dirompenti sul risultato finale dell'investimento.

Chi invece stesse ponderando l'uscita da un fondo pensione – perché prossimo alla pensione - farà bene applicare il principio del cd. “life cycle”: un cambio dell'investimento verso linee prudenti oppure garantite protegge il capitale da eventuali (gravi) perdite dei mercati finanziari.".

21. Giu 2021